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Più che mobilitarsi contro il neofascismo da operetta bisognerebbe farlo invece per una giustizia dal volto umano. Non a favore di Dell’Utri, – l’uomo, il politico, il detenuto Dell’Utri – ma a favore di tutti i detenuti (nelle sue stesse condizioni di salute) di cui nulla sappiamo e che pure avrebbero il diritto a curarsi in libertà. Ovviamente, parliamo di persone che scontano la loro pena senza avere omicidi sulla coscienza e per i quali un po’ di clemenza non guasterebbe.

Ma l’Italia solo nominalmente è il paese di Marco Pannella. Le battaglie libertarie e cristiane del leader radicale per i diritti dei detenuti, per condizioni carcerarie accettabili e contro l’ergastolo sono rimaste fuori perlopiù dal nostro bagaglio culturale e politico. Soli eredi ne sono una sparuta minoranza di radicali. Che ancora credono – come ai tempi di Pannella – che quella dei diritti civili, dei diritti delle persone sia la vera sostanza dell’impegno politico contro i fascismi mascherati.

Marcello Dell’Utri non chiede alcuna grazia allo stato italiano. Chiede, per le sue gravi patologie, di potersi curare agli arresti domiciliari. Non ha ucciso nessuno e sta scontando una pena per un reato a tutt’oggi discutibile: concorso esterno in associazione mafiosa. Lo stesso reato di Contrada, annullato dopo il ricorso.

Il co-fondatore di Forza Italia, anziano e malato, non credo che possa rappresentare un pericolo per il paese – ammesso l’abbia mai rappresentato. Ha accettato la pena e il carcere con dignità pur ritenendosi un perseguitato dalla giustizia. Ci sono sul suo stato di salute due perizie medico-legali contrastanti, una lo ritiene compatibile con le condizioni carcerarie e l’altra no. Mentre lui ha già fatto sapere di rinunciare a curarsi se non gli sarà concesso di poterlo fare in condizioni migliori di quelle consentite dallo stato di cattività.

Dica la sua la politica a questo punto. Prenda posizione cioè. Non a suo favore o contro chi gli nega il diritto reclamato. Per una volta sarebbe bello vedere una manifestazione di popolo per chiedere atti di umanità e di clemenza.

(g.c.)