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Nel luglio del ’92 c’erano bovini e suini davanti al Palazzo di città. E non ricordo quanti giorni ci rimasero. I macellai licatesi protestavano in questo modo per la chiusura del mattatoio comunale. L’altra sera, vent’anni dopo quella protesta singolare che scandalizzò tutti ma non indignò nessuno, c’erano proprio sulla soglia del Municipio tre sacchetti di spazzatura. Rappresentavano simbolicamente, per iniziativa di alcuni cittadini, la situazione vissuta da Licata invasa dai rifiuti in questi giorni di mancata raccolta da parte della Dedalo ridotta al verde. Il servizio è ora ripreso, ma pensare alla sua normalizzazione è un vero azzardo. Troppi sono i problemi insoluti – non ultimo quello dei salari non pagati ai dipendenti – e principalmente quello della gestione e dell’utilità degli ATO, perlopiù fallimentari in Sicilia e necessari di una rivisitazione politica che ne riduca i costi insostenibili per i cittadini, ne renda efficiente il servizio la cui privatizzazione sui generis è risultata rimedio peggiore del male che si voleva combattere. Il prossimo governo regionale, dopo i guasti e i malestri prodotti dai precedenti, avrà due strade da percorrere: riaffidare ai comuni la gestione dei rifiuti, con una forte campagna a favore della raccolta differenziata per un sostanziale abbattimento dei costi, e rimettere in funzione, ammodernandole, alcune discariche vicine; oppure fare degli ATO delle vere società private, visto che il sistema misto pubblico privato, in cui la politica clientelare l’ha fatta come sempre da padrona, non ha per nulla funzionato: comportando uno scadimento delle condizioni igieniche di Licata e di altre città a livelli da dopoguerra e anni cinquanta; un peggioramento delle condizioni di vita della maggioranza dei netturbini, diventati di fatto lavoratori precari; e un aumento della Tarsu al massimo consentito, già difficile per cittadini da accettare e a maggior ragione oggi con la città sommersa dai rifiuti. Tra quel lontano avvenimento del 1992, l’eclatante protesta inscenata dai macellai che contribuì ad accelerare lo scioglimento del consiglio comunale, e la protesta fiacca di oggi di cui si sono fatti promotori con un sitin in piazza Progresso pochi cittadini, comunque sensibili e responsabili, e rappresentata dai sacchetti di spazzatura all’ingresso del Palazzo, si può rilevare un’analogia ormai costante nella nostra storia: l’assenza delle istituzioni. La protesta dei macellai fu tollerata a lungo: e della classe politica di allora si persero le tracce. Tutti rintanati, nessuno capace di affrontare la situazione. L’attuale sindaco Angelo Graci dovrebbe ricordarli quei giorni, perché era consigliere comunale. Anche allora era tempo di vacanze e di turismo, di emigrati che tornavano e di forestieri in visita attratti dal mare. Gli offrimmo lo spettacolo di una parte della piazza principale della città ridotta a recinto per vitelli e maiali. La stessa assenza istituzionale si è verificata oggi, con la spazzatura su strade e marciapiedi nel bel mezzo dell’estate e ancora con qualche turista presente cui non abbiamo saputo risparmiare la degna visione. Solo il commissario liquidatore della Dedalo Rosario Miceli si è affannato in tutti i modi per trovare prima possibile la solita soluzione tampone. Solo lui ha almeno sentito subito il dovere di chiedere scusa ai cittadini.

Gaetano Cellura