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Agostino profeta puparoDopo anni di oblio l’Opera dei Pupi è ricomparsa a Licata per merito di un uomo – ma sarebbe meglio dire: di una famiglia – che a questo spettacolo popolare ha dedicato tempo, amore, passione.

 

L’uomo è Agostino Profeta, cantore delle gesta dei paladini di Francia contro gli infedeli e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Un po’ di anni fa ha ripresentato i suoi copioni e pupi – restaurati e “ringiovaniti” – al pubblico entusiasta che riempiva la piccola sala del teatro Re per assistere a spettacoli tutti da seguire e gustare, la cui durata varia da un’ora a due.

 

Il padre, Giovanni, è stato con ogni probabilità l’antesignano a Licata di questo genere di teatro. Teatro “operante”. Riportiamo da La Vedetta dell’ottobre1996 (articolo privo di firma): “I meno giovani ricorderanno (…) la frenetica attività di don Giovanni Profeta e i suoi figli che la mattina esponevano al sole i pupi per prepararli per la sera o per restaurarli con il pennello o ricorderanno anche don Giovanni che abilmente, utilizzando gli arnesi del mestiere, riusciva a creare una testa da un pezzo di legno o una decoratissima corazza o scudo da una sottile lastra di rame o metallo. In sostanza l’Opera dei Pupi di via Cannarozzi era anche una bottega artigiana, dove artisti dello scalpello e del cesello creavano artigianalmente delle vere e proprie opere d’arte”.

 

Nel 1974 è morto Emanuele Macrì, l’ultimo grande puparo

siciliano. Roncisvalle è arrivata anche per lui. Le origini del teatro “operante” risalgono in Sicilia alla dominazione normanna. Si dice che il primo teatro fu messo su a Catania da Giovanni e Angelo Grasso. Ma si tratta di notizie incerte. Di sicuro c’è il successo che lo spettacolo – misto di storia, leggenda, fantasia, racconto orale – ha avuto; e la strada che ha fatto, anche all’estero.

Scrive Vincenzo Consolo (Di qua dal faro): << Ma antico è il

teatro delle marionette in ogni parte del mondo. Di questi attori di

terracotta, di legno, di cera, di tela, di carta, di ombra, di questi

nostri doppi, di questa doppia metafora della nostra condizione

umana. “Pupo io, pupo lei, pupi tutti. Dovrebbe bastare, Santo

Dio, essere nati pupi per volontà divina. Nossignori! Ognuno poi

si fa pupo per conto suo: quel pupo che può essere o che si crede

di essere” fa dire Pirandello a Ciampa de Il berretto a sonagli. E

incalza Guido Ceronetti: “Siamo marionette, ma dobbiamo

disperatamente fingere di non crederlo, o come uomini siamo

perduti” >>.

 

Nota tratta da Licata contemporanea, libro di Gaetano Cellura

 

P.S.

 

Il 30 dicembre scorso, al teatro Re, la giunta comunale di Licata ha dedicato un convegno all’opera dei pupi e una settimana prima il maestro Agostino Profeta ha donato alla Biblioteca “Luigi Vitali” un bel paladino Orlando, opera lignea da lui ideata e realizzata.